(dell'inviata Manuela Tulli)
(ANSA) - JUBA, 03 FEB - L'immagine del Papa inginocchiato a
baciare i piedi dei leader politici del Sud Sudan è rimasta
nella storia. Era il 2019 e in Vaticano Papa Francesco voleva
suggellare in quel modo il processo di pace. La guerra civile
insanguina il più giovane Paese del mondo fin da quando era un
unico Stato nel Sudan. Ma con l'indipendenza conquistata nel
2011 le cose non sono migliorate. Nel 2013 è esplosa una guerra
interetnica tra Dinka e Nuer, i primi fedeli al presidente Salva
Kir, gli altri al vicepresidente Riek Machar. Poi la ricerca di
accordi, puntualmente disdetti e il risultato è che in sette
anni il conflitto ha causato circa 400mila vittime e oltre 2
milioni di sfollati interni.
Da quel 2019, quando il Papa fece il forte gesto di baciare i
piedi di questi politici litigiosi, non molto è cambiato. E
allora il Papa ha deciso di venire qui, a Giuba, per chiedere di
porre fine a questi conflitti intestini che insanguinano il
Paese, lo impoveriscono, e che continuano a provocare morti.
Ventisette persone ieri sono state uccise, nella contea di
Kajo-Keji, circa 150 chilometri a sud della capitale, in un raid
per il furto di bestiame proprio alla vigilia della visita del
Papa. Perché in contesto del genere, la gente è sempre più
povera e basta l'idea di appropriarsi delle vacche altrui per
mettere mano ai fucili.
Ma a sorpresa il presidente del Sud Sudan, Salva Kir, prende
subito un solenne impegno: "In onore della storica visita di
Papa Francesco nel nostro Paese annuncio ufficialmente la
sospensione dell'interruzione dei colloqui di pace" nel Paese e
dunque il dialogo dovrebbe riprendere.
Bergoglio, appena arrivato, ha detto di essere qui come
"pellegrino di pace e riconciliazione"; questa seconda tappa in
Africa, dopo quella della Repubblica Democratica del Congo, ha
un carattere ecumenico con la presenza dell'arcivescovo di
Canterbury Justin Welby e il moderatore della Chiesa di Scozia
Iain Greenshields.
"Signor presidente, signori vice-presidenti, in nome di Dio,
del Dio che insieme abbiamo pregato a Roma, del Dio mite e umile
di cuore nel quale tanta gente di questo caro Paese crede, è
l'ora - ha detto Papa Francesco - di dire basta, senza 'se' e
senza 'ma': basta sangue versato, basta conflitti, basta
violenze e accuse reciproche su chi le commette, basta lasciare
il popolo assetato di pace. Basta distruzione, è l'ora della
costruzione. Si getti alle spalle il tempo della guerra e sorga
un tempo di pace". Il Papa avverte i politici del Paese
africano: "I vostri 'figli' e la storia stessa vi ricorderanno
se avrete fatto del bene a questa popolazione, che vi è stata
affidata per servirla. Le generazioni future onoreranno o
cancelleranno la memoria dei vostri nomi - dice il Papa usando
parole forti - in base a quanto fate ora perché, come il fiume
lascia le sorgenti per avviare il suo corso, così il corso della
storia lascerà indietro i nemici della pace e darà lustro a chi
opera per la pace". E allora qui il processo di pace e di
riconciliazione, che è sostanzialmente impantanato, "domanda un
nuovo sussulto".
"In un mondo segnato da divisioni e conflitti, questo Paese
ospita un pellegrinaggio ecumenico di pace, che costituisce una
rarità - rileva il Papa riferendosi alla visita congiunta con
gli altri due leader cristiani -; rappresenti un cambio di
passo, l'occasione, per il Sud Sudan, di ricominciare a navigare
in acque tranquille, riprendendo il dialogo, senza doppiezze e
opportunismi".
Un passaggio infine sulla corruzione e sulle troppe armi
presenti nel Paese dove è anche diffuso il fenomeno dei
bambini-soldato. "Come tutti i bambini di questo continente e
del mondo, hanno il diritto di crescere tenendo in mano quaderni
e giocattoli, non strumenti di lavoro e armi", ha concluso il
Papa. (ANSA).
Il Papa striglia leader Sud Sudan, basta guerre civili
Presidente, riprenderemo dialogo. Ieri 27 morti in un attentato
