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Sandro Lombardi nel 'Soccombente' da Thomas Bernhard

Musica e distruttiva ricerca della perfezione, regia di Tiezzi

(ANSA) - ROMA, 24 MAR - Un discorso sulla ricerca della perfezione nell'arte e sulla necessità, per sopravvivere, di accettare i propri limiti accontentandosi di quel che si riesce a realizzare, sapendo che comunque l'arte, la musica, la letteratura un qualche senso alla vita riescono a darlo. E' un po' questo 'Il soccombente', uno dei grandi libri di Thomas Bernhard, e così lo spettacolo che ne ha tratto Federico Tiezzi con l'adattamento firmato da Ruggero Cappuccio con lo stesso titolo, che si replica al Vascello di Roma fino a domenica 26 marzo.
    Un testo particolare, un lungo monologo di 200 pagine dell'io narrante, che Cappuccio ha sfrondato con arte, dando anche voce a Wertheimer, la figura di cui questi parla, che si è appena suicidata, e di cui riscostruisce l'amicizia e la vicenda umana, notando che "l'infelicità della vita dalla nascita è premessa per momenti di felicità". Si tratta di due amici musicisti, pianisti, che durante i corsi di perfezionamento a Salisburgo col grande Horowitz vengono praticamente annientati dalle doti eccezionali e uniche di un altro allievo, Glenn Gould. Il primo racconta di come è riuscito a accontentarsi di ciò che è, rinunciando alla musica e riuscendo a realizzarsi nella scrittura, mentre Wertheimer vive l'impari confronto con le inarrivabili 'Variazioni Goldberg' eseguite da Gould come una propria sconfitta, un metro con cui è impossibile misurarsi e che lo annienta come artista e come uomo, sprofondandolo nel suo destino di soccombente. Del resto la perfezione in arte è impossibile e lo stesso Gould, che pare impersonarla, ne è distrutto dal cercare di raggiungerla, spingendosi all'estremo delle possibilità e dell'impegno umano, isolato dal mondo e morendo a 51 anni. Un lavoro quindi molto impegnativo, che solo la bravura, la nobile naturalezza e il disincanto di Sandro Lombardi rendono vivo. Con lui, nei panni di Wertheimer, degna spalla per impegno e verità nei suoi interventi, c'è Martino D'Amico e, attorno a loro, una donna, Francesca Gabucci, forse l'ombra muta dell'amata-odiata sorella del suicida, che riordina e legge spartiti. (ANSA).
   

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